Il fenomeno degli Hikikomori è un nato a partire dagli anni 80. Inizialmente è rimasto nascosto sotto il velo dell’indifferenza del popolo e del governo giapponese. Riguarda soprattutto i giovani dai 14 ai 30 anni, principalmente maschi (tra il 70% e il 90%). Si registra una grande incidenza anche nella fascia di popolazione over 40, questo perché, sebbene l’Hikikomori insorga principalmente durante l’adolescenza, esso tende a cronicizzarsi con molta facilità e potrebbe dunque durare tutta la vita.
Il termine Hikikomori è composto dall’unione delle parole Hiku che possiamo tradurre come “tirare” e Komuru con “ritirarsi”. Letteralmente significa “stare in disparte”. Viene riferito a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni).
Indica quindi una condizione in cui l’unica possibilità di sopravvivenza sembra essere, per chi ne soffre, allontanarsi dalla società e di scomparire, ritirandosi completamente all’interno della propria stanza e limitandosi a lasciare qualche biglietto sotto la porta per comunicare eventuali bisogni.
Ci sono anche casi più critici dove l’Hikikomori si rifiuta di uscire dalla propria stanza per lavarsi o nutrirsi. In altri casi richiedono che il cibo sia portato e lasciato di fronte la porta della propria stanza e rifiutano il contatto diretto con il mondo esterno e anche con i propri genitori. Queste persone solitamente rimangono svegli durante la notte, invertendo il circolo sonno-veglia. Si intrattengono con i videogiochi, con la lettura dei manga, navigando su Internet. E possono crearsi una nuova identità virtuale, sviluppando in alcuni casi amicizie virtuali.
La pandemia data dal covid-19 ha causato un incremento del fenomeno anche in Italia. Il mancato contatto sociale e la DAD hanno incrementato la sfiducia verso gli altri e l’uso dei dispositivi elettronici, come computer, cellulari e tablet.
Alcuni giovani che erano già in difficoltà a gestire le relazioni interpersonali e la scuola hanno avuto una regressione e una chiusura emotiva verso il mondo circostante. Hanno dunque preferito il mondo virtuale, meno giudicante, apprezzando soprattutto la possibilità di rendersi anonimi e di modificare le proprie generalità e la propria fisicità, vivendo in questo modo senza coinvolgersi in prima persona. Altri a seguito della Pandemia hanno deciso di ritirarsi dalla vita sociale, non avendo più nessun contatto con il mondo esterno.
La prima patologia con la quale si confonde il fenomeno degli Hikikomori è la Depressione, disturbo dell’umore caratterizzato da sintomi come: profonda tristezza, perdita di interesse verso le normali attività, pensieri negativi e pessimistici.
L’organizzazione mondiale della sanità (WHO) valuta la Depressione come uno dei disturbi più invalidanti al mondo con un costo sociale elevatissimo. È innegabile che molti Hikikomori abbiano evidenti sintomi depressivi. Tuttavia esistono numerosi soggetti in autoreclusione che non presentano tale sintomatologia. Si esclude la diagnosi di Hikikomori qualora sia presente un disturbo psichiatrico di maggiore gravità che possa sovrapporsi ai sintomi di ritiro sociale (schizofrenia, ritardo mentale, depressione maggiore ecc.).
Un altro disturbo con il quale l’Hikikomori viene rapportato è quello della Schizofrenia, disturbo psicotico che rende chi ne è affetto del tutto indifferente a ciò che accade e si isola all’interno di un mondo inaccessibile e incomprensibile per gli altri. A causa della sua caratteristica destrutturante della personalità questa malattia compromette tutti gli aspetti della vita del soggetto sconvolgendo la sua rete relazionale e il suo nucleo familiare.
I sintomi sono molto variabili ma generalmente vengono suddivisi in due tipologie: quelli positivi, che comprendono i deliri, intesi come convinzioni contrarie alla realtà, le allucinazioni cioè alterazioni della percezione per cui la persona crede di percepire cose che in realtà non ci sono, la disorganizzazione e frammentazione del pensiero e infine il comportamento bizzarro; quelli negativi invece comprendono apatia, appiattimento affettivo, deficit della produttività, perdita di iniziativa, povertà ideativa, difficoltà a mantenere l’attenzione e infine compromissione dei rapporti interpersonali. In pratica il soggetto non riesce a reagire a quelle situazioni che negli altri susciterebbero emozioni e sensazioni. Gli Hikikomori non presentano tale sintomatologia e risultano essere perfettamente lucidi e in grado di operare. Il problema principale dello sviluppo degli Hikikomori deriva dalla repressione dell’individualità. La cultura giapponese non permette di esprimere e di condividere i propri sentimenti o pensieri individuali e ciò porta a doverli nascondere. Anime e manga a quella società e spesso i racconti hanno come protagonisti gli Hikikomori nelle vesti degli Eroi.
Tratto da un articolo di Roberta Dott.ssa Cappelluti